Anyway the wind blows...

Un compendio sul Nulla, dal Nulla per molti. A compendium about Nothing, from Nothing, for many.

Tuesday, September 27, 2005

Con i "se" e con i "ma"

Sempe la solita storia: e se ci fossi stato io ieri sera tra quei ragazzi fuori dai pub nel lunedì sera di San Lorenzo ? Avrei guardato la mia auto passare sul piano parallelo della mia immaginazione chiedendomi se possa esserci un'alternativa al presente (e quindi al futuro ?).
Avrei salutato tutti e mi sarei diretto verso casa rimuginando sulla serata e preparando mentalmente i pensieri dell'indomani ?
E' sempre la stessa storia: deve esserci un modo per sbirciare l'Alessandro che avrebbe continuato la sua vita a Roma per vederlo rigirarsi tra le pieghe della routine che ora non ho e un futuro che avrei atteso restando coi piedi e le mani nella mia città.
Per adesso non succede nulla di tutto questo e affogo i dubbi nel cibo che io e Dan mastichiamo senza pensarci troppo su.
Passano gli anni ma ancora non capisco se c'è un rimedio alla nostalgia. Forse esiste da qualche parte ed ha il profumo del maialino sardo, del vino dei Castelli, della mia stanza e del gelato fatto in casa da mia madre. Il tutto senza scomodare Sartre.

Thursday, September 22, 2005

A volte scrivo troppo.


Oggi non scrivo. Le prime due foto sono state scattate al Church: un locale che apre, appunto, la domenica mattina alle 11 e all'una trovi sempre un australiano su cui inciampare da prendere a calci senza che lui se ne accorga. Il tutto con gioia.
Le ultime due sono una la vista dalla mia camera con annessa parabola. Ma questa e' la vista dalla mia camera. Le ho messe qui cosí la prossima settimana le posso guardare.

n.p.
Craig David - The Story Goes

Tuesday, September 20, 2005

La stanza sotto il portico e la pioggia.

Ero venuto qui per scrivere di come mi senta a pochi giorni dal ritorno a Roma dopo 5 mesi. Invece ho messo su Bach e mi sono ricordato di questo posto a Londra.
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Tralascio il crepitio per cedere allo spasimo leggero e dolce dello sguardo.

Non seguo il volgersi confuso delle lettere dipinte
sul piccolo chiostro in bilico tra la Terra e il tempo,
dove a posarsi furono vele fugaci e passeggere
e l’alito di vento che portava corpi vuoti ha smesso il suo soffio.

Ora volge se stesso all’estremo lembo di luce sgualcita e corrosa da un vento salino,
stanco anch’esso di correre tra gli scogli che frantumano la memoria
come il canto che proviene dalle ombre della stanza.

Antica la voce, antico il corpo e antico il passo
Si avvicina piegata quasi china su una spalla
eppure leggera e fine si appoggia alla vecchia fronte,
a cercare poco piú in lá la misura delle cose che non trova.

Se é per farti felice la suono ancora
No, riposa le mani per la cena. Mentre passi le dita tra le rughe
del muro e le tue.
Solchi crudeli han diviso la bellezza dal corpo chiudendola nei ricordi appesi al muro.
La musica diventa piú forte dello sbattere dei vetri delle finestre,
il latrare dei cani si spegne contro le gocce della pioggia che inizia a cadere
mentre da un angolo salgono le luci che riflettono fiammelle dalle scale.

La fame l’hai persa a vent’anni tra i gigli del tuo giardino
ed il rigido parlar galante di certi uomini che facevano a gara
per ungerti la pelle con la loro
in attimi in cui avresti voluto crepitare il tuo sguardo altrove,
ma non trovavi che drappi scuri alle finestre.

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Esiste davvero. E Roma puó attendere ancora un altro giorno.

Monday, September 19, 2005

Incipit

Tra una full-immersion negli Suede ed un intero pomeriggio passato ad ascoltare At The Gates e Sigur Ros, anche questo weekend ci ha lasciato. Ne ho approfittato per dare ai CD un ordine alfabetico indispensabile al fine di non continuare ad ascoltare solo quelli del primo scaffale in alto perché troppo pigro per piegarmi e vedere che per mesi ho ignorato gli Emerson, Lake & Palmer o i Travis.


Dopo essere tornato da Stansted ad un’ora alquanto tarda (tutto a posto: La Simo é tornata e a lei lascio le redini della casa) ho messo su un film di Aki Kaurismaki. Per quanti di voi non avessero dimestichezza col cinema (disciplina che detesto) come il sottoscritto, si tratta del regista che rappresenta la quintessenza dell’”essere” finlandese e di quel che significa vivere questa condizione non sempre semplice. Nei suoi film i personaggi sono sempre esseri dimenticati che vivono appena fuori “dal giro”, alla continua ricerca di amore e di un motivo per amare. Il fumo continuo delle sigarette trasmette quell’ansia propria di una Helsinki che non riconosco se non a tratti. E’ una cittá perennemente vuota, buia, estranea al contesto biografico dei personaggi che la popolano come ratti calpestano una fogna. Conosco a memoria quasi ogni strada di quella cittá e so che non é cosí che si muove ma Kaurismaki estremizza l’ansia di quel posto e lo fa attraverso una fotografia solo all’apparenza distratta ma che mette in luce le dinamiche dei personaggi alla continua ricerca di un modo per continuare ad essere miserabili.

La domanda che peró il regista sembra porsi é: perché dover smettere di esserlo ? La risposta non se la dá nessuno di loro. E nel frattempo rubano per mangiare, uccidono per disperazione, vagano per le strade di una cittá che, essa stessa, non porta mai da nessuna parte.
Il piú delle volte é una Helsinki che sa di vivere affacciata sul cosmo oltre la Cortina di Ferro e non riesce a stare al passo col resto del mondo per una miriade di ragioni. Non mi dilungo parlando di quest’ultime perché amo la Finlandia a tal punto che qualsiasi mia parola fuori posto ferirebbe me per primo ma invito chiunque lo voglia alla visione di uno a caso dei film di Aki Kaurismaki. Se poi mi vorrete aiutare e dirmi perché amo Kati Outinen avrete trovato un ammiratore.

Sigur Ròs - Takk [MusicbOOm]

É online la mia recensione dell’ultimo CD dei Sigur Ròs. Bello, emozionante e bello di nuovo.

Il piú bel ricordo della loro musica é legato ad un viaggio in Lapponia a natale. O forse io sono legato a quell viaggio o solo alla Lapponia. Non lo so ma la recensione é qui. Intanto ci penso.

Friday, September 16, 2005

La fine della settimana

Tra qualche giorno inizieranno le "grandi manovre" anti-terrorismo in Italia. Un gran bel dispiegamento di forze un pó come quello che stava succedendo a New York l’11 Settembre 2001 o a Beslan l’anno scorso o financo qui a Londra qualche settimana fa. É solo una coincidenza e mi auguro davvero che “binladen” non lo venga a sapere. O che non glielo dica la CIA. Anche perché la gestione della Security della Metropolitana di Roma é stata da poco affidata ad una societá Israeliana infarcita di “ex alti ufficiali dell’esercito”. Un pó come a Londra dove a preoccuparsi della salute dei commuters c’erano personaggi dello stesso calibro e dello stesso Paese. Un invito a nozze ? No. Ma speriamo che non lo venga a sapere la CIA…
Tra poco piú di una settimana saró a Roma in vacanza.

Una nota di servizio: ho aggiunto il campo “Blogs” e “Links” a sinistra. Se ho dimenticato qualcuno che ha giá provveduto a “linkarmi” sul suo blog non ha che da dirmelo e provvederó immantinente.

Altra nota di servizio: oggi splende un sole fantastico seppure intermittente sul cielo di Londra.

Royksopp - The Understanding [MusicbOOm]



Aggiunta la mia recensione su MB. A mio parere é un gran bel disco; di quelli che metto su in questo periodo quando voglio abbassare il tasso di BPM della mia giornata.

Oggi.

Il mio manager continua a dirmelo: “Alex, this is England. This is bloody England !” ogni volta che dimentico l’ombrello nell’auto e devo uscire per qualche motivo. Immancabilmente piove. Me lo dice con quella faccia da simpatico ingegnere anni ’70 con la barba (ora) bianca e me lo immagino alle prese con pomeriggi interi spesi ad aggiustare la lavatrice della moglie senza magari capire che la soluzione é sempre piú semplice di quello che sembra. Eppure ora é in vacanza su qualche canale dell’Inghilterra ed é giá sulla via del ritorno con il suo battello lungo e stretto che ha portato in giro per I lungi canali ‘acqua per due settimane.
Piove, dicevo, ma ora non piú. Il tempo in Inghilterra ha la costanza di un amante senz’amore ma non me ne lamento.

Il mio manager mi spiega le cose per filo e per segno, vorrebbe un “registro” per qualsiasi cosa facciamo (ne abbiamo uno per la posta che arriva, che va, per le inductions, per le visite che riceviamo e persino uno che tiene il conto dei registri che usiamo) e non gliene frega niente se sei ingegnere, architetto o mezzo filosofo: devi attenerti al Registro del Registro e non puoi permetterti di ignorarlo.

Ecco perché mi rimprovera benevolo ogni volta che maledico la pioggia che vedo cadermi sul vetro e, quasi piccato, aggiunge: “You should have known that this is a bloody rainy place. It’s not Italy, after all”. L’ultima parte gli esce sempre con un sospiro ed un accenno d’invidia che mi fa sentire un povero fesso venuto da Cuba e trasferitosi su uno scoglio nel Mare del Nord per puro masochismo.
Ci sono ingegneri per cui le 8 ore lavorative sono degne di essere vissute se riempite di meetings e incontri. Ce ne sono alcuni che farebbero meetings a tutte le ore forse perché si sentono soli o forse piú semplicemente perché vogliono rassicurarsi che il resto del mondo li segua. Ce ne sono altri (soprattutto i piú giovani) che hanno interpretato il loro bravo mestiere come una guerra psicologica volta a soggiogare l’”avversario” a colpi di mezze veritá o tiepide confessioni.

Altri rispondo ad emails per tutto il tempo, non vanno mai sul site a controllare come vanno i lavori e si prendono sempre il venerdí per “lavorare da casa”. Il mio manager appartiene a quest’ultima categoria. Gli do torto ? No. Non potrei davvero.

Venendo al contingente della mia vita odierna: devo scrivere la recensione dell’ultimo dei Sigur Ros. A qualcuno vengono in mente aggettivi credibili ?

Stasera insalata. Poi si vedrá.

Messaggio di servizio per la mia flatmate “La Simo”. So che non leggerai questa righe nel tuo buen retiro in ValChiavenna/Brembana/Sugana ma ti preparo a quello che troverai al tuo ritorno:

- Non ho innaffiato le piante del giardino perché ogni tanto é piovuto in queste due settimane e non avrei sopportato l’idea di nuocere ai pomodori con troppa acqua.
- Mi hanno portato la seconda serie di Family Guy in DVD dall’America ma…si é rotto il DVD.
- Venerdí prossimo abbiamo ancora ospiti. Ma stavolta che ospiti…poi vedrai.
- Non ho messo la spazzatura fuori lunedí mattina perché me ne sono dimenticato. I refuse sacks si stanno accumulando di fuori ma ogni tanto piove pure (come da punto 1) e quindi non ci sono cattivi odori.
- Ho capito dove saltano gli scoiattoli per entrarci in giardino. Hai presente il nanetto minuscolo che hai piazzato quando esci a destra (non quello che ho crocifisso; quello ancora vivo) ? C’e’ una parte della staccionata che sta per cedere e quindi é piú bassa. Sta per cedere perché gli ho tirato una pallonata ma poi ti spiego.
- L’aspirapolvere una volta che si scalda non funziona piú e io odio fare i lavori a metá; ergo non ho ancora pulito per terra nel salotto. Aspetto che arrivi l’inverno.
- Le bollette si stanno accumulando. Sbrigati
- Ho sciolto il case che si mette nel freezer per fare il ghiaccio. L’ho poggiato sul tettuccio della griglia quando ho scaldato le salsicce e…mi meravigliavo perché non lo trovavo piú.
- Se ce la fai compra un accendi-gas perché l’accendino che mi hai lasciato non lo trovo piú.
Per il resto sei benvenuta e spero che ti sia rilassata durante le tue vacanze. Ma proprio tanto rilassata. Vado che sennó inizia a piovere e non ho l’ombrello.

Thursday, September 15, 2005

A te

Perdere il tuo tempo deve aver avuto un suo ritmo,
L'ossessione del respiro che si perdeva nell'infinito dei giorni senza numero,
uguali al principio lieve della musica di un cosmo dimenticato e disteso sulle tue ginocchia come un velo su cui scorrere le mani a ritroso.

Pioggia come il sole e dita che si piegano sul grembo vivo, livido di attese che non conosci,
ragioni disperse dalla voce di chi ti circonda e domanda tempo.

Noia stupida e tragica pazienza
come se non fosse che tempo liquido che scioglie via attimi
sul caldo tessuto che avvolge la tua pelle come il mare fa con isole perse nel silenzio grave e dolce.

L'acqua non dimentica le sue gocce ma le fa girare sul tuo corpo fin dove la sua dolce gravitá voglia che muoiano.
Ogni cosa ha certo il suo peso ma l'aria non cade senza la carezza delle tue labbra che dischiudono pensieri che non dici.
Vorrei averti potuto fermare. O forse avrei voluto riportare le gocce in cima per essere spettatore latente della loro scia morbida mentre le mani scorrono all'indietro a lasciare che il dorso sfiori il tuo tempo.

Scrivo due finali ma vorrei possedere parole che non vedo per dirti quello che non posso che provare al tatto leggero di moti segreti al confine con l’attimo che non ho ancora vissuto.
Solo per dire “mi dispiace”.

Le mani ora sono libere di scorrere da te alla Stella del Mattino. La musica ha perso il suo ritmo ed il silenzio ha coperto la strada velata dall’acqua. Nulla si muove se non il fuoco che vedo oltre il pendio e la fiamma piú alta ha la voce dei tuoi pensieri.
Io. Ossessione lieve e intensa. Ho perso il conto e sorrido, per una volta, per non sapere se perdermi o lasciare che le gocce scivolino fin quando l’inerzia non le riporti al principio.
Un costante scendere a ritroso dalla fine.

Thursday, September 08, 2005

Quella volta che Arianna perse il filo...

Ognuno di noi ha caselle email che non usa piú, che conservano intatte le ultimi impronte digitali (mai aggettivo ebbe miglior valenza ambigua) e, nei casi piú fortunati, custodiscono vecchi messaggi inutili e fondamentali.
Qualche settimana fa ho fatto un giro su una di queste spiagge dimenticate un pó per noia e un pó perché sentivo il bisogno di farlo.
Disordine, vecchi reclami inoltrati alla “Cortese Attenzione del Vs. Ufficio Clienti” (oggi come oggi non saprei scrivere una email formale in italiano – troppo leziosa), conoscenti sconosciuti, un mare di viagra e pillole per “incrementare le tue doti sessuali” (sono inviate a caso, don’t worry).
Nomi di donne in abbondanza mi invitavano a chiamare un numero telefonico che mi avrebbe dato la felicitá in Terra, l’Eden fisico a pochi mugolanti minuti da me.

Tra i tanti nomi ce n’era uno che evocava strani ricordi mai del tutto rimossi, pomeriggi passati a parlare su un divano a Piazza Bologna, sguardi felini misti ad “arrivederci” che sapevano di piogge pesanti, autobus perduti, capelli, speranze.
No, non puó essere la stessa persona che ho cercato a vuoto per mesi facendo appello ai ricordi e ai pochi dettagli che ricordavo. Il mouse passa lento sul nome, lo sottolinea con un movimento grave e vira sulla casella del “cestino”.
Eppure mi sono fermato, non ho lasciato che anche “Arianna” finisse tra le “Michelle”, “Liliane”, “Rebecche” surrealmente vive nei loro paradisi di comodo Nulla.

Apro l’email e capisco di non aver esitato per nulla, di avere di fronte la stessa persona a cui scrissi una lettera timidamente lasciata passare sotto l’uscio della porta di casa sua sette anni addietro.
Non ho mai capito perché le scrissi e ancor meno saprei dire cosa ci fosse su quella lettera ma ricordo che le cose andarono in quel modo perché non avrebbero potuto andare altrimenti. Forse stava davvero finendo una prima etá adulta ed innocente a causa di impegni col resto del mondo che non potevano piú essere rimandati o forse la nostra confidenza non poteva essere spinta oltre se non con un limbo piú fisico per il quale, forse, non eravamo ancora pronti. Fatto sta che non ci parlammo piú e io sentii di avere davvero perso qualcosa che non sarebbe stato possibile ritrovare se non incontrando di nuovo quella persona.

Quella lettera non la cestinó ma la ripose in un dizionario (d’inglese, toh) che dimenticó nel suo paesino d’origine alle porta di Roma perdendo cognizione di dove fosse (senza mai disperarsi troppo, aggiungerei).
Qualche settimana fa un esame la spinse a riprendere in mano quel tomo e mi piace pensare che la mia lettera le cadde per caso, che lei si chinó per prenderla e ne spiegó gli angoli oramai lacerati dal peso delle pagine. Si ricordó forse a fatica o forse no (ma a me piace pensare di sí) di quel ventiduenne che conobbe a Villa Mirafiori e che non seppe e non volle mai andare oltre le parole assecondando un desiderio di entrambi.

Quel vecchio indirizzo email era lí e Arianna ha deciso di imbucare una lettera virtuale che io ho trovato chissá come tra l’immondo e lo stupido sesso che era quanto di piú lontano ci fosse dai nostri discorsi.
Domani Arianna torna a Londra dopo averci vissuto 3 anni addirittura prima d’incontrarmi. Me la ricordo per la frequenza dei sorrisi, per gli occhi il cui colore non sono mai stato in grado di descriverle, per una serata noiosa a Piazzale delle Province e quei racconti di uomini fantastici che non ha mai incontrato ma che le piaceva tirare fuori con crudele leziositá. Forse per far ingelosire un povero idiota romantico che credeva che alle ragazze facesse piacere ricevere lettere alla porta e che ancora oggi dimentica di scrivere i suoi pensieri da qualche parte perché ha paura che la carta voli via in qualche libro. E sette anni sono lunghi da passare…

Sabbra Cadabra (1)

I Black Sabbath sono la quintessenza dell'incoscienza, del non sapere che cosa si sta facendo ma del farlo cosi' bene da sembrare finto: la quintesenza dell'inutile - l'arte perfetta della bellezza.
La cosa piu' spaventosa e' ch
e non ero poi molto piccolo (avro' avuto 17 anni...) quando letteralmente scomparivo sotto le coperte con la radio di fianco ad ascoltare il primo disco fino ad arrivare ad un "brano" che, ricordo bene, saltavo sempre perche' avevo troppa paura: FX.

Sto leggendo la biografia non autorizzata della band ad opera di due membri del loro road crew nella prima era Osbourne e devo dire di esserne rimasto un poco deluso.
I messaggeri del Demonio erano in effetti 4 morti di fame di Birmingham sfigati con le ragazze che decisero di mettere su una band senza neanche l'intento di inventare l'heavy metal e cambiare in parte la storia della musica - tutt'al piu' avrebbero sognato di passare qualche anno in giro per le Midlands con qualche "puntatina" a Londra. Invece me li ritrovo tra i piedi ogni giorno della mia vita da quasi12 anni con quei riff forgiati nel male, quella batteria ossessiva, quel basso cupo e obliquo.

La voce poi: inutile aprire l'ennesimo capitolo e quindi lo faccio comunque. Ozzy Osbourne non sapeva di essere in contatto con l'aldila' ma sapeva ancora ridere della vita con il dono dell'ironia: non aveva (e a giudicare dall'avanzato stato di decomposizione senile "non ha") mai capito fin dove potesse spingersi il suo talento di strillone sofferente, quella potenza blues sgraziata e violenta, quella fantastica incoscienza che non ritrovo oggi in nessun'altra band del mondo.
I Black Sabbath per tutti sono stato questo.

Per me sono stati l'esempio lampante che il Male puo' essere vita, che della tua vita puoi farne quello che vuoi se solo ti concedi di permettertelo e se le cose ti girano per il verso giusto.
Sono l'incarnazione del "talento ignorante", di un'ispirazione malsana che proveniva da posti che non esistono piu', da creature cadute in disgrazia perche' la realta' stessa oggi e' ben peggiore dei demoni.
Il Satanismo e' vita e i 4 brummies non l'hanno mai capito pur mettendolo in pratica. A chi mi chiede cosa sia il Satanismo d'ora in poi rispondero' che e' lo stacco acustico in Looking For Today.

"Everyone just gets on top of you
The pain begins to ea
t your pride
You can't believe in anything you knew

When was the last time that you cried

Don't delay you're in today

But tomorrow is another dream

Sunday's star is Monday's scar

Out of date before you're even seen"


Al mio funerale voglio solo qualche cane, la pioggia e qualcuno che mi faccia ascoltare per l'ultima volta tra i vivi il flauto spezzato di Solitude.

My name it means nothing my fortune is less
My future is shrouded in dark wilderness

Sunshine is far away, clouds linger on

Everything I posessed - Now they are gone

Oh where can I go to and what can I do?

Nothing can please me only thoughts are of you

You just laughed when I be
gged you to stay
I've not stopped crying since you went away
The world is a lonely place - you're on your own
Guess I will go home - sit down and moan.
Crying and thinking is all that I do
Memories I have remind me of you

Gli anni scorrono in silenzio e tutto sarebbe migliore se anche noi seguissimo il loro respiro.



Wednesday, September 07, 2005

No turning forward.

Ultimamente ho cambiato il mio modo di camminare, di suonare di scrivere e anche di mangiare. Ho involontariamente rallentato il processo di conoscenza proprio perché quest’ultima fosse piú accurata, dettagliata, preziosa. Poco importa se le dinamiche veloci dell’esistenza ne possano risentire (al massimo la maggior vittima sará il mio metabolismo) ma la conoscenza non ha prezzo o ritmo o colore se questa stessa ti porta a migliorare il prossimo passo e a renderlo maggiormente cosciente e metodico.

Da qualche tempo dunque non vedo ma guardo. Guardo la politica italiana prendere una piega pericolosa, guardo chi mi circonda addormentarsi su princípi assimilati per inerzia, guardo i miei anni passare senza che quell’”ade” di cui scrivevo anni fa scompaia. Non ho raggiunto l’Illuminazione e credo in tutta onestá che il piú grande traguardo sia morire cosciente delle meccaniche terrene piú che di quelle divine ma il punto é che le stesse meccaniche non solo sono celate ma a quanto pare persino i loro “fini” sono nascosti alla stragrande maggioranza di noi.

Per questo motivo vi invito a scaricare o guardare il video che ho trovato su arcoiris.it perché non c’é politica che tenga o rito religioso che valga le parole e le lacrime di quest’uomo di fronte alla macchina che si trova di fronte, alle geometrie nascoste che producono qualcosa di sconosciuto tagliando via le radici della vita nella loro parte migliore.

Ogni impero é destinato a crollare portandosi dietro ció che ha prodotto ed i processi storici che lo hanno generato si ritorcono contro di esso diventando la causa stessa della sua Fine. Il problema purtroppo non é la Fine in sé quanto l’avvicinarsi ad essa.
Che non me ne voglia il loro Dio ma se esistesse sarebbe di certo asservito alle lobbies americane e farebbe quello che gli verrebbe comandato di fare.

Per scaricare il video: Real Audio (56K o ADSL) – Windows Media Player (56K o ADSL)

Tuesday, September 06, 2005

Bianco sporco.

Oggi posto qualche cosa che ho trovato sulla Rete. Non sono notizie (o almeno una volta lo erano) ma da qualche giorno vago per i siti d'informazione americani e trovo sempre e soltanto la medesima notizia: la gente spara e saccheggia a New Orleans.
Di medesimo c'e' sempre il colore della pelle di chi perpetra violenze...ed e' sempre il nero.
Mi piacerebbe comunque che mi si spiegasse perche' i "finders" hanno sempre la pelle piu' chiara dei "looters".
Guardate qui un esempio di persona civile e di qua un vile saccheggiatore.
Inutile qualsiasi commento.

Nota delle 22.44: Versione corretta grazie all'integerrimo Ak1ra.

Saturday, September 03, 2005

1996

you are the air around the thunder,
the cold wind of a summer rain,
the last death but one of a life never lived.
spent waiting in vain for tomorrow.

the air around the thunder of the summer cold,
the moment fallen from your time
on the head of who's looking for, in vain, again,
a light sphere.


i'll come back to pick you one day
you, alone, a far away beholder
breathing the rain of the absurd,
drinking air made of dreaming stasis


you're the air around the thunder
the cold wind of a summer rain, faded, nothing more.
now.


Datata e sempliciotta e parecchio "impicciata". Ah...i 20 anni che non tornano mai...

Friday, September 02, 2005

Il sibilo dall'atollo.


É vero, l’America non ci fa compassione. Non ci sono mai stato e lo faró molto presto per lavoro; eppure non riesco a rattristarmi per gli americani. Il mio non é un sentimento dettato dall’odio politico, bensí da una mera constatazione egoistica e relativista.
Ieri sera ho voluto dedicare qualche mezz’ora a quello che é successo a New Orleans perché non capivo cosa avesse di cosí diverso questa catastrofe dalle altre mille che da sempre affliggono le coste americane. Di diverso c’é che la violenza degli uragani é cresciuta a dismisura negli ultimi 100 anni e per questo non dobbiamo ringraziare la malasorte o l’ira divina bensí le condizioni disastrate in cui versa l’ecosistema ed il fatto che, ad oggi, non ci sia un vero e proprio piano che ne gestisca i bisogni e che prenda atto delle sue necessitá al fine di scongiurarne la fine.
L’America in tutto questo ha un ruolo primario essendo lo stato piú inquinante del pianeta e di gran lunga il piú ricco – nonché, per stessa ammissione dei suoi vertici: il Giustiziere Ultimo e depositario della Veritá.
L’uragano Katrina ha colpito una delle zone piú povere degli USA in cui é visibilmente presente una enorme quantitá di neri e ispanici a fronte di una vera e propria minoranza di bianchi europei.
Non é possibile non notarlo in qualsiasi servizio alla televisione o foto su siti internet e giornali: New Orleans (ma anche il resto della Louisiana, del Mississippi, dell’Alabama) é un posto di serie B, un atollo di negritudine in un oceano bianco e mod-con, il ghetto dell’America e di cui la stessa America (come abbiamo visto) se ne frega altamente.

Certo é facile domandarsi se la stessa inettitudine nei soccorsi avrebbe mai potuto verificarsi in posti a maggioranza bianca e rispondersi: “no” ma proprio per questo motivo non voglio pensare che non sia stato fatto il possibile per far sí che centinaia (ma io credo migliaia) di persone (ergo voti) sparissero tra le acque torbide del dimenticatoio.
Ancora piú triste é il leggere che i soccorsi si sono arrestati a causa delle violenze scoppiate in cittá: sarebbe come dire che é meglio lasciare che la gente si sfoghi e ramazzi il piú possibile dai negozi perché solo quando avrá terminato la sua opera si potrá proseguire nel salvataggio di vite umane provate da giorni di fame e sete.
La New Orleans di questi giorni sembra una qualsiasi cittá della Liberia o del Rhuanda con le case crollate, la gente per le strade alla ricerca di cibo, I pianti dei bambini e la rabbia degli adulti.
Gli Stati Uniti hanno dichiarato guerra al buon senso anni addietro ed ora ne pagano le conseguenze storiche in termini umani ed economici, eppure oggi un mio collega americano mi ha chiamato dalla quiete di Pittsburgh e mi ha detto che dalle loro parti si parla della possibilitá che New Orleans non rinasca piú, che nessuno vorrá ricostruire la vita su quelle macerie e sfidare ancora una volta la natura e che, a quanto pare, una larga maggioranza di abitanti (o ex abitanti) sceglierá di emigrare in qualche altro stato disperdendo cosí una comunitá storica e culturalmente florida come quella nera degli Stati del sud.
Se fosse un jazz sarebbe uno standard triste e vagamente ironico, disperato ma quasi rassegnato al suo destino. Piccoli olocausti di casa nostra che non fanno male e crepano dolci nella nostra indifferenza.