Il sibilo dall'atollo.
É vero, l’America non ci fa compassione. Non ci sono mai stato e lo faró molto presto per lavoro; eppure non riesco a rattristarmi per gli americani. Il mio non é un sentimento dettato dall’odio politico, bensí da una mera constatazione egoistica e relativista.

L’America in tutto questo ha un ruolo primario essendo lo stato piú inquinante del pianeta e di gran lunga il piú ricco – nonché, per stessa ammissione dei suoi vertici: il Giustiziere Ultimo e depositario della Veritá.
L’uragano Katrina ha colpito una delle zone piú povere degli USA in cui é visibilmente presente una enorme quantitá di neri e ispanici a fronte di una vera e propria minoranza di bianchi europei.
Non é possibile non notarlo in qualsiasi servizio alla televisione o foto su siti internet e giornali: New Orleans (ma anche il resto della Louisiana, del Mississippi, dell’Alabama) é un posto di serie B, un atollo di negritudine in un oceano bianco e mod-con, il ghetto dell’America e di cui la stessa America (come abbiamo visto) se ne frega altamente.

Ancora piú triste é il leggere che i soccorsi si sono arrestati a causa delle violenze scoppiate in cittá: sarebbe come dire che é meglio lasciare che la gente si sfoghi e ramazzi il piú possibile dai negozi perché solo quando avrá terminato la sua opera si potrá proseguire nel salvataggio di vite umane provate da giorni di fame e sete.
La New Orleans di questi giorni sembra una qualsiasi cittá della Liberia o del Rhuanda con le case crollate, la gente per le strade alla ricerca di cibo, I pianti dei bambini e la rabbia degli adulti.
Gli Stati Uniti hanno dichiarato guerra al buon senso anni addietro ed ora ne pagano le conseguenze storiche in termini umani ed economici, eppure oggi un mio collega americano mi ha

Se fosse un jazz sarebbe uno standard triste e vagamente ironico, disperato ma quasi rassegnato al suo destino. Piccoli olocausti di casa nostra che non fanno male e crepano dolci nella nostra indifferenza.
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